
Ieri, in molte parti d’Italia, si festeggiava Sant’Agostino filosofo, dottore della Chiesa, letterato e teologo.
Anche Savignone ha eletto ques’uomo a suo patrono, e ogni anno lo festeggia il 28 agosto, con una suggestiva processione, musica, ballo liscio e fuochi artificiali. La statua del Santo, immortalato dei suoi abiti vescovili, ha il volto, lievemente “abbronzato” rivolto verso il cielo in espressione ascetica.
Aurelio Agostino d’Ippona (in latino: Aurelius Augustinus Hipponensis; nacque a Tagaste, il 13 novembre 354 e mori a Ippona, 28 agosto 430. È stato definito «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto». Se le Confessioni sono la sua opera più celebre, si segnala anche, nella vastissima produzione agostiniana, La città di Dio.
Tessere le sue lodi è superfluo, giacché molte sono le biografie attendibili che ce ne parlano. Quello che mi piace rilevare è che il nostro amato Santo era nato in Africa, più precisamente in Numidia, attuale Algeria e, era un Berbero. Più o meno come i tanti emigranti che arrivano sulle nostre coste.
L’unica differenza coi profughi di oggi era che Agostino, seppur nato in Africa, era cittadino romano.
La Numidia, infatti, dopo diverse guerre contro Roma, comprese le guerre puniche, al fianco di Cartagine, nel 46 a.C. divenne una Provincia romana,
Secondo la politica sull’immigrazione, che l’Impero portò avanti sempre, con differenti modalità, chi era nato o risiedeva in una Provincia romana, otteneva automaticamente la cittadinanza romana.
A seguito a questo suo stato, Agostino poté muoversi liberamente per l’Impero, viaggiare e soggiornare a Roma e Milano, accrescere la sua cultura e diventare quel genio che adoriamo.
Grazie
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