Posto questo articolo tratto dalla rivista “Qui e non solo dintorni” per due motivi. Innanzitutto ho la fortuna di conoscere il Prof. Edoardo Rossi e so, per esperienza personale che mette effettivamente in pratica ciò che dice cercando d’instaurare con i suoi pazienti un rapporto che va al di là della semplice cura della malattia, concentrandosi sulla persona considerata in toto, e non come semplice portatore di malattia.
Chi mi segue da anni, sa che io ho spesso affrontato il tema del rapporto paziente/medico lamentando spesso la mancanza di comprensione dei medici verso i loro pazienti. Un malato non è la sua malattia ma è una persona che va compresa e curata tenendo conto di tutte le sfaccettature della sua personalità.
L’uso della medicina integrata che il Prof Rossi mette così bene in pratica, può essere un modo nuovo per avvicinare e curare attraverso l’uso di diverse discipline adattate alle diverse persone.
Sono perfettamente d’accordo con l’articolo e non lo dico da medico (quale non sono) ma da paziente, e oncologico per di più (o ex? boh…).
Un saluto.
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secondo me curare non significa guarire, ma curare, lenire, generare la sensazione di non essere abbandonati; le persone non temono la morte, ma l’indifferenza
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un medico deve avere empatia col suo paziente e non considerarlo un “caso” clinico.
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