
Non so se la grafia è corretta, perché la parola “sesgendè” non compare neppure nel dizionario genovese-italiano di Giovanni Casaccia, ma la mia bisnonna, mi spiegò, quando ero bambina, il suo significato. Si tratta di un lumino, fatto con un lungo filo colorato, imbevuto di cera, che i bambini preparavano, con forme di fantasia, per la ricorrenza dei defunti. I lumini venivano posti nella camera da letto dove, preparato il letto di buon’ora, i defunti venivano a riposare con i loro parenti.
Già quando ero bambina, i “sesgendè” non si usavano più ma era stati sostituiti da piccole candele, accese davanti alle foto dei nostri morti: anche oggi, in camera di mia madre, è acceso il lumino per i nostri cari.
Mia nonna paterna metteva un lumino sul lavabo della cucina .
Ho letto il tuo terzo libro. Sei una grande, ma veramente grande!
Baci
Ettore
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Ettore: grazie caro, baci
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I “seriotti”, noi li chiamavamo così. Abitavo in un piccolo paesino dell’entroterra di Sestri Levante e nella ricorrenza dei morti si andava a messa ad un orario inusuale, non ricordo se molto tardi o molto presto, comunque tutti i bambini avevano dei bellissimi oggetti in cera, una lunga e sottile candela colorata che prendeva forme svariate di animali e cose, le accendevamo e creavano una atmosfera intensa. Erano gli anni ’60, ma noi non lo sapevamo, sembrava il dopoguerra..
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marcello: allora erano come i “sesgendè” Io sono del ’60, ma a Genova, non usavano più.
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Che bella tradizione, viene voglia di rispolverarla…
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chiarissima: noi, comunque, il lumino sul comò, lo accendiamo ancora.
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Da noi, in Sicilia, si metteva (e penso si faccia ancora visto quanto scriveva Liù nel suo blog) un piatto con del pane e un mezzo bicchiere di vino, al mattino non c’era più il piatto e il contenuto, ma un vassoietto di frutti di marzapane e ossa dei morti (biscotti duri).
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popof: giochetti fatti per i bambini, che piacciono anche ai grandi.
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Quanto era intrisa di poesia la vita delle generazioni che ci hanno preceduto! Bellissima questa cosa dei lumini.
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Adri: si, proprio quelli!
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I moccoletti! Erano i moccoletti – almeno, qui, così si chiamavano!
Una sorta di gomitoli ottenuti avvolgendo il filo cerato in forme e colori diversi, che doveva poi essere svolto pian piano a mano a mano che la fiammella, bruciando, lo consumava.
Era una funzione particolarmente amata dai bambini: c’era l’aspetto interattivo e coinvolgente, una sorta di gioco nel ricordo dei cari perduti.
Grazie che ce l’hai ricordato: un bacio grande e un abbraccio!
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