Per chi lotta per la vita o per un ideale, per chi combatte contro la malattia , per chi soffre nel cuore e nel corpo, e anche per la famiglia di Wouter Weylandt, ciclista di 26 anni, morto al Giro d’Italia.
Invictus
Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dei qualunque essi siano
per l’indomabile anima mia.
Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.
Invictus è una poesia scritta dal poeta inglese William Ernest Henley (1849-1903). All’età di 12 anni, Henley rimase vittima del morbo di Pott, una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che all’età di 25 anni lo costrinse all’amputazione di una gamba per sopravvivere. Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all’età di 53 anni. Henley era amico di Robert Louis Stevenson, che si ispirò a lui per il personaggio di Long John Silver ne L’isola del tesoro.[7]
La poesia fu scritta proprio sul letto di un ospedale.
Come è bella e forte questa poesia!!!
“Io sono padrone della mia vita….io sono capitano della mia anima”…. da tenere sempre davanti agli occhi per non perdersi mai nella stupida lamentela ……
Se poi penso a chi le ha scritte e in che situazione mi vengono i brividi!!!!
Grazie Marina
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fausta: la sofferenza, spesso , rende profondi.
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Leggerti e’ sempre una lezione di vita, Marina. E un monito contro le inutili malinconie cui alle volte indugiamo senza capire quali siano le reali sfide e quali le reali fortune. Grazie.
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laura: ogni tanto, rileggo la poesia per darmi forza.
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GRAZIE MARINA!
RIESCI SEMPRE A TROVARE I VERSI GIUSTI DA RIVOLGERE AD UN MONDO COLMO DI INDIFFERENZA CHE RITORNA AL PROPrIO EGO DOPO I PRIMI FLASH SULLE TRAGEDIE UMANE…….
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cheyenne: che piacere, risentire la tua “voce”, qui.
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ciao nory sono sempre io…bellissima poesia …. tutto bene?
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maria grazia: abbastanza bene, per fortuna , son sempre indaffarata .
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Che bel post. Non sapevo nulla di Henley. Come sono ignorante…
Ti saluto con un abbraccio stretto.
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giusymar: amavo la poesia ma, anch’io , non conoscevo i retroscena.
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Cara Marina,
come sempre riesci a far impallidire il nero dei nostri guai e dei nostri dolori fino ad apparire di un grigio insignificante.
Per l’ennesima volta riesci a farci vergognare delle nostre geremiadi.. e sai che non è il plurale majestatis quello che uso.
Un bacio ed un abbraccio grandi e forti. Come te! A. e G.
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adriana:questa poesia mi ha veramente toccata. baci
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